| Chi è Edith Stein? La vita di Edith Stein merita di essere conosciuta; così come la sua opera. Del secolo appena finito sembra infatti sintetizzare tutte le conquiste e le contraddizioni. Non ha rinnegato mai la sua origine ebraicanell'epoca dolorosa delle discriminazioni razziali. E' stata una filosofa, dunque pienamente padrona dei mezzi della ragione raggiungendo ambìti traguardi accademici alla scuola del filosofo della fenomenologia Husserl. Ha dato un grande contributo all'emancipazione della donna per il suo rigore intellettuale, per la sua libertà e il coraggio delle sue idee, senza complessi di inferiorità nei confronti dei colleghi maschi (In questo mostrando dei tratti comuni a Etty Hillesum). E' diventata cattolica senzarinnegare il suo passato e con il cuore aperto al rinnovamento della Chiesa. Ha accolto il mistero della croce senza che la sua ragione ne subisse complessi di inferiorità, anzi facendo di essa la navicella del suo percorso mistico, alla scuola di Teresa D'Avila e Giovanni della Croce. Da ebrea cattolica ha dato la sua vita ad Auschwitz portando alla perfezione il suo cammino di fede fino alla "settima stanza" descritta da Teresa D'Avila. Cenni biografici: da Edith Stein a Teresa Edvige Stein, a suor Teresa Benedetta della Croce, a Santa Teresa Benedetta della Croce. Edith nasce a Breslavia nel 1891 da una famiglia ebrea di origine polacca e dedita al commercio di legname in Germania. A quindici anni lascia gli studi e si dichiara atea. A sedici anni si scrive al Liceo e quindi all'Università di Breslavia. Qui si schiera con le prime femministe (socialiste) per la questione del voto alle donne. Ancora insoddisfatta si trasferisce a 22 anni a Gottinga per seguire le lezioni di Husserl, padre della fenomenologia. L'esperienza della Prima Guerra Mondiale, in cui si impegna come crocerossina, la pone di fronte a ciò che non può risolvere con la sua volontà. Conseguito il dottorato a soli 25 anni diventa assistente di Husserl. Conosce famiglie cristiane e rimaneimpressionata dalla loro testimonianza di fede: per esempio di Anna Reinach, moglie di un ebreo convertito morto in guerra. Incontra il filosofo cattolico Max Scheler. Il 1921 è anno cruciale ("anno del silenzio di morte"):delusione sentimentale nel rapporto con Hans Lipps, amicizia con la filosofa protestante Edwiss Conrad-Martius, lettura delle Opere di Santa Teresa D'Avila, conversione al cattolicesimo. Viene battezzata nel 1922 col nome di Teresa Edvige. Studia san Tommaso e si trasferisce a Speyer ospite delle domenicane e comincia la sua carriera d'insegnamento. Vienechiamata per conferenze in varie parti della Germania e nel 1931 le viene offerta a Munster una cattedra universitaria. Cattivi sono i suoi rapporti con il nazismo che si va affermando; sarà una forte oppositrice al referendum plebiscito a favore di Hitler. Ormai vive come una suora. Nel 1932 Hans Lipps rimasto vedovo le chiede di sposarlo e lei rifiuta. Nel 1933 le Leggi razziali subito la colpiscono ed è costretta a lasciare l'Università. Rifiuta una cattedra in America Latina ed entra invece al Carmelo di Colonia con il nome di suor Teresa Benedetta della Croce il 15 ottobre 1934. Restano chiusi i rapporti con la madre. Ottiene il permesso di riprendere i suoi studi (Essere finito ed essere eterno; Opus; Scientia crucis). Nel 1938 dopo l'incendio alla sinagoga di Colonia viene trasferita al Carmelo di Echt in Olanda. Qui vive la tremenda "notte dei cristalli" e chiede alla priora di poter offrire la sua vita per la pace del mondo. Nel 1942 dopo che i Vescovi olandesi fanno leggere in chiesa una lettera adifesa degli ebrei denunciando l'antisemitismo nazista vengono rastrellati anche gli ebrei convertiti al cattolicesimo. Rinunciando a trasferirsi da sola in Svizzera senza la sorella Rosa, anch'essa convertita e suora carmelitana, viene prelevata dalla Gestapo il 2 agosto 1942. Morirà nello stesso anno ad Auschwitz. Il pensiero filosofico di Edith e il suo percorso mistico Pensiero e vita in Edith Stein furono inscindibili perché la sua esistenza, scomoda per sé e per gli altri, fu sempre coerente con la sua coscienza. Per conoscerla partiamo da una sua frase: "Una singola azione o una semplice espressione del corpo, come uno sguardo o un sorriso, possono offrirmi un barlume mediante il quale intravedere il nucleo fondamentale della persona" E la persona, per la Stein, non è un Io soggettivo kantianamente chiuso, ma aperto al sentire e all'amore. E i fenomeni non sono solo un dato esterno da recepire criticamente. Tra l'io e i fenomeni si stabilisce invece una relazione che genera la possibilità di qualsiasi esperienza e gli atti intenzionali dell'uomo. Proprio questo concetto di intenzionalità la Stein ha tentato di rielaborare nella dottrina di Tommaso D'Aquino. Ma, si chiede Edith, come avviene la comunicazione di esperienza tra persone diverse? Per la Stein attraverso il concetto di "empatia" (Einfuhlung), che è "un modo di cogliere gli atti di chi è altro da noi e di sentire allo stesso modo, fino all'atto più grande che è quello dell'Amore", atto che dovrebbe essere alla base di ogni tipo di comunità. Si tratta di "pensare con il cuore", dove la parola "cuore" è il fondo dello spirito, il luogo dove "i contenuti assorbiti dal di fuori e penetrati nonrimangono solo come patrimonio della memoria, ma si possono trasformare in carne e sangue. Possono così diventare fonte di forza e di vita". Oggi si dice: "pensare i sentimenti e sentire i pensieri". Nel rapporto con Dio il cuore entra in empatìa con il suo stesso Amore. Lui è l'Amore assoluto che relativizza ogni cosa, nel senso che fa apparire ogni esperienza umana inadeguata rispetto alla pienezza che dona il "pensare" Lui. Gesù è il segno più alto dell'Amore di Dio. Chi vuole far parte di questa vita soprannaturale deve scegliere liberamente, con un atto di volontà (generato dal pensiero), di abbandonarsi a Dio.E' questa la vita mistica; nella "sesta stanza" si comincia a soffrire il peso della Croce, come esperienza culmine dell'empatia con Gesù e quindi con il suo Amore divino, sofferenza che diventa gioia dell'attesa. Allora si accede alla settima stanza, in cui l'anima è pienamente abbandonata a Dio e fa l'esperienza mistica della sua Luce. Il Film: LA SETTIMA STANZA Genere:Biografico; Regia: Marta Meszaros Interpreti: Maia Morgenstern (Edith Stein), Elide Melli (Rosa), Adriana Asti (Auguste), Jan Nowicki (Franz Heller), Jerzy Radziwilowicz (Hans), Ileana Carusio (Erna), Iwona Budner (Elsa), Giovanni Capalbo, Ryszard Lukowski, Anna Polony Nazionalità:Italia (1995); Anno di uscita: 1996; Sogg. e Scenegg.: Marta Meszaros, Roberta Mazzoni, Eva Pataki ; Fotogr.:Piotr Sobocinski Mus.: Moni Ovada ; Montagg.: Ugo De Rossi ; Dur.: 110' ; Coproduz. : Morgan Film, Italia Eurofilm, Francia Film Studio Tor, Polonia Budapest Film Studio, Ungheria Il film ben recensito raggiunge un buon livello nonostante una certa lentezza nella parte centrale. Si presta però molto ad un confronto di idee intorno a tre tematiche: 1) Il rapporto ebraismo-cristianesimo da un punto di vista biblico, confessionale, politico 2) Il rapporto tra filosofia e teologia mistica 3) Il cammino di fede come "scientia crucis" GIUDIZIO DELL'ACEC Una figura del valore culturale, spirituale ed umano come Edith Stein si dovrebbe imporre comunque se ne parli. Al personaggio Edith alcuni hanno riconosciuto una eccessiva, quasi spigolosa durezza (i momenti di umana tenerezza non difettano, tuttavia, in vari momenti). D'altro canto, durissimi erano i tempi e la Stein fu donna coerente e fiera. Il film interessa, è credibile, semmai gli nuoce una certa lunghezza, ma in sostanza riesce a conseguire lo spessore voluto, per non pochi episodi neppure molto facili. Si è davanti ad un'opera più che degna che consegue anche effetti di spettacolo quando, uscendo dal clima più strettamente conventuale, richiama alla memoria gli orrori del nazismo, l'arrogante violenza dei capi, la nefanda e tetra visione di Auschwitz. La sceneggiatura inciampa in qualche fragilità: tutta la parte centrale del film è carente rispetto a ciò che la tessitura narrativa ha meglio in precedenza proposto. Tanto che qualche momento "forte" e fonte di schietta emozione il prelevamento della religio-sa dal Convento olandese mediante l'automobile delle SS è affidato ad una azzeccata fotografia. Un chiarimento si impone, infine, sul titolo del film. Sotto il profilo dell'ascesi carmelitana, la Santa d'Avila prevede un itinerario in sette stanze, o tappe. Non è difficile concludere che, individuando nella settima stanza la cella a gas del lager, Edith Stein che vediamo nel finale rimpicciolita e nuda, quasi in posizione fetale nelle braccia della madre final-mente ritrovata, quella donna così fiera e coerente, piena d'amore per tutti e martire sia stata a giusto titolo iscritta nella legione dei Santi Beati della Chiesa cattolica. L'attrice teatrale rumena Maia Morgenstern offre in un dif-ficile ruolo una vigorosa interpretazione che accresce il valore del film. | |