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Biblioteca “G.B. Amico”
del Seminario Vescovile di Trapani
L’AltraVisione 2004-2005 - (IV edizione)
26 novembre 2004
Good bye, Lenin!,
di Wolfgang Becker
[Germania 2003, 115 min.]
Miglior film europeo al festival di Berlino
e grosso successo in Germania, dove ha incassato più di 28 milioni di
euro. Sei nomination ai Lola (gli Oscar tedeschi) per il miglior film,
miglior regia, migliori attori protagonisti (Daniel Bruhl e kathrin Sass)
e non protagonisti (Florian Lukas e Maria Simon), ‘Goodbye Lenin!’
racconta la storia di un ragazzo di Berlino Est e di sua madre nei mesi
che precedono e seguono la caduta del muro. Creando (con grosso rischio)
uno sfondo storico recentissimo (appena 15 anni fa) il film riesce a
collocarvi una tenera storia di affetti raccontata su diversi registri
espressivi.
IL MURO DI BERLINO
Cominciò ad essere costruito nell’agosto del 1961, in uno dei momenti di
più alta tensione della GUERRA FREDDA. La divisione della Città in due
metà era un dato storico che partiva da più lontano, esattamente dalla
fine della Seconda Guerra Mondiale e dalla divisione della Germania in 4
zone di occupazione (inglese, francese, americana e sovietica). Berlino,
sebbene anch’essa divisa in 4 zone di influenza, si trovava comunque
all’interno dell’area sovietica. Quando Stati Uniti, Francia e Gran
Bretagna riunificarono ad Occidente le loro zone di occupazione creando
nel 1947 un nuovo Stato tedesco sovvenzionato dal Piano Marshall, le
posizioni dell’Unione Sovietica si irrigidirono. Berlino divenne il luogo
della tensione: i Sovietici bloccarono la città tagliando anche le
forniture di acqua e di energia elettrica. Si rischiò lo scoppio di una
nuova guerra. Nel 1949 si pervenne infine alla creazione della Repubblica
Federale Tedesca (con capitale Bonn) a Ovest e della Repubblica
Democratica Tedesca (con capitale Pankow) a Est. Berlino rimase tagliata
in due parti, una tedesco-federale e una tedesco-democratica e perse la
sua importanza politica, economica e culturale. 12 anni dopo (appunto nel
1961) una nuova tensione tra il Blocco Sovietico (Krushev) e quello
Occidentale (Kennedy) portava la Germania Est alla decisione di chiudere
il collegamento tra le due Berlino; così nella notte tra il 12 e il 13
agosto di quell’anno, mentre nella notte venivano chiuse le arcate del
ponte, con i mattoni e il cemento si diede inizio al "muro". La porta di
Brandeburgo (lo scenario di tante parate hitleriane) diventò cosi il
"confine" fra Berlino Est e Berlino Ovest per quasi trent'anni.
IL 1989
Nel 1989 la Germania Est festeggia i suoi
40 anni di esistenza; ma i venti della perestrojka di Gorbaciov giungono
anche a Berlino.
Negli ultimi due mesi dell’anno i regimi comunisti d’Europa si sfaldano e,
tra i primi, proprio quello della Germania Est. Il 9 novembre si apre il
primo varco nel muro e 1 milione di tedeschi dell’Est visitano Berlino
Ovest. Il primo dicembre il Papa riceve MIKHAIL GORBACIOV, che annuncia il
prossimo ristabilimento delle relazioni diplomatiche col Vaticano, e
invita il Pontefice a compiere un viaggio in Urss.
Lo stesso giorno nella DDR il parlamento abolisce il ruolo guida del
partito comunista (Sed), stabilito dalla Costituzione e due giorni dopo la
polizia arresta per corruzione ERICH HONECKER e altri quattro dirigenti
comunisti. Il Politburo e il comitato centrale del Partito Comunista si
dimettono. Entro l’8 dicembre anche Cecoslovacchia e Bulgaria hanno fatto
fuori il Partito Comunista e smantellato la Cortina di Ferro. Più cruenta
è la situazione rumena che vede la morte di almeno 2000 persone. Intanto
in Germania Est il primo ministro MODROW incontra il cancelliere tedesco
occidentale KOHL, acclamato dalla folla che inneggia all'unità delle due
Germanie. L'unificazione é ormai vicina! Il 22 dicembre é smantellato
definitivamente il Muro di Berlino. Questo il giudizio di Alessandro
Frigerio sull’esperienza comunista della DDR: «Stato
privo di una sua identità nazionale, ma forte del conformismo dei tedeschi
dell'est, che accettarono oltre ad una rigida pianificazione economica
anche l'istituzione di un controllo poliziesco sulla vita dei singoli
cittadini al cui confronto quello nazista era poco più di un bluff, fu
vittima di un'implosione su se stesso. Creato a tavolino per essere la
vetrina del comunismo da esporre agli occhi della società consumistica
occidentale, oggi possiamo ricordarla come esempio fallimentare dei tanti
laboratori ideologici del nostro secolo.»
IL FILM
Dopo un’introduzione sull’infanzia del protagonista conquistata dai grandi
miti propagandati dal Partito (in primo luogo la conquista dello spazio)
Goodbye, Lenin! fa una descrizione deliziosa di tutta la retorica
populista democraticotedesca, per approdare all’ottobre 1989 , quando
Christiane, attivista del Partito Comunista il cui marito è fuggito a
Berlino Ovest, colta da infarto mentre va a ritirare un’onorificenza per i
suoi meriti patriottici, entra in coma e vi rimane per otto mesi. Per noi
è difficile cogliere la portata ironica dei numerosi doppi sensi che
accompagnano nel film la descrizione del repentino cambiamento di
abitudini e costumi nella Germania Est ormai riunificata all’altra
Germania. Ma non solo di abitudini. Basti pensare che è stato impossibile
dopo solo 15 anni rendere l’aspetto di Berlino come poteva essere al tempo
della riunificazione. Molti palazzi sono scomparsi, molti altri sono stati
costruiti repentinamente e Berlino, ora capitale della nuova Germania
Unita, è un vero e proprio cantiere e uno dei luoghi in cui l’architettura
contemporanea si sta maggiormente esprimendo. Per questo motivo molte
immagini del film sono state trattate al computer per restituire la
visione un po’ tetra della Berlino del 1989. A parte questo sfondo storico
degli avvenimenti Goodbye, Lenin! è soprattutto un film sulla
crescita e sugli affetti, e di come la vita di una famiglia si intreccia
sempre e comunque con i percorsi della storia. Il film rende bene il
carattere epocale di ogni trasformazione raccontandolo semplicemente a
partire dalla stanza di un interno che dopo solo otto deve essere
riportata nella sua condizione precedente alla caduta del muro, mostrando
così come in ogni microcosmo si rappresenta in realtà il macrocosmo della
storia. Se il film sembra a volte grondare di nostalgia verso un passato
che non c’è più, non è certo come nostalgia del Comunismo, ma piuttosto di
un tempo, che l’accelerazione della storia ha irrimediabilmente
cancellato, facendo percepire più corta la stessa vita di chi questa
trasformazione ha vissuto in prima persona. Film della memoria, dunque,
aperto al futuro. Film europeo, di quell’artigianato cinematografico che
dà al “nostro” cinema un carattere assolutamente originale. Nel regista
c’è anche il tentativo di difendere questa originalità locale (il
protagonista parla nella versione tedesca con accento strettamente di
Berlino Est), che non è solo tedesca, ma anche europea. Dice Becker:«
Il
cinema deve essere nazionale, regionale, per raccontare delle storie che
siano universali. E’ come in cucina: così come esistono le specialità
della cucina tedesca, francese, italiana, ma ancor più veneziana,
fiorentina, milanese, così, anche nel cinema, si devono riscoprire le
particolarità, gli elementi che non sono interscambiabili.» Insomma, nel
cinema, come in ogni arte, la globalizzazione è solo omologazione.
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